I 10 volti del rosso nell’arte… più uno!

Buon venerdì lettori!
Oggi vi propongo il rosso nella sua veste artistica, in … versioni diverse e tutte da scoprire!

Il più antico dei colori

Il rosso è stato definito dagli studiosi il “più antico dei colori”, questo perché gli studi effettuati su alcuni campioni di ocra rossa – rinvenuti nella grotta di Blombos, in Sudafrica – hanno rivelato come questi rudimentali coloranti fossero utilizzati per la colorazione del corpo già più di 70000 anni fa. Successivamente (tra il 13000 e il 10000 a.C.), possiamo trovare il rosso come colore base dell’arte rupestre, raffigurante principalmente scene di caccia.

In queste opere è sorprendente la maestria con cui è stato utilizzato il colore: nero, rosso e giallo ocra per creare sfumature o tratti netti (esempi significativi sono la Grotta di Altamira, in Spagna, e di Lascaux, in Francia).

Ceramica a figure rosse

Si tratta dell’evoluzione della classica ceramica greca: inizialmente le ceramiche greche venivano realizzate con “figure nere”, creando delle sagome nere sullo sfondo chiaro del vaso.

Successivamente (dal 530 a.C.), i colori vengono invertiti e nasce, così, la tecnica delle “figure rosse“: le sagome si distinguono chiaramente sullo sfondo nero lucido ed i particolari vengono dipinti, non più incisi.

L’esempio più significativo di questo tipo di realizzazione è l’hydria raffigurante pittori di ceramiche al lavoro, realizzata nel 480 a.C. dal Pittore di Leningrado.

Antica Roma

Il Rosso Pompeiano è una tonalità di colore particolarmente accesa e vivace, così chiamata a causa della quantità di questo colore presente sui muri di Pompei, e non solo.

Questa tinta nasce in un periodo in cui la massima espressione della classe e dell’eleganza sono da ricondurre al bianco e al marmo: particolare, non è così?

In realtà la storia di questo colore (conosciuto anche come rosso Ercolano, terra di Pozzuoli, rosso inglese e terra rossa di Verona), è piuttosto curiosa: in un primo tempo veniva ricavato da un costosissimo cinabro che, successivamente, è stato sostituito dall’ematite (il nome stesso di questa pietra deriva dal suo colore), già nota in tempi antichi come fonte di pigmenti, utilizzati per vari scopi.

Rubino e corallo

I colori rubino e corallo hanno sempre avuto un ruolo importante nell’arte, non solo per la loro capacità di dare “profondità” e importanza ai dettagli, ma anche perché pare avessero un significato quasi mistico: oltre a comparire come ornamenti, servivano a proteggere e salvaguardare chi indossava elementi realizzati con questi materiali.

Secondo la mitologia greca, il corallo è stato generato dal sangue di Medusa, decapitata da Perseo. Da sempre utilizzato per creare gioielli e piccoli ornamenti, nell’Antica Roma si credeva fosse in grado di scacciare il malocchio; nel Medioevo si usava appendere al collo dei neonati dei piccoli ciondoli di corallo per sconfiggere le malattie.

Ira

Con quale colore viene rappresentata la rabbia? Ovviamente il rosso! Sia che si tratti di cartoni animati e sia di mitologia e storia. Il rosso è il colore di Marte, dio della guerra, è il colore delle divise militari inglesi e non solo (fino alla comparsa delle armi da guerra moderne, che hanno reso questo colore impossibile da utilizzare sul campo in quanto troppo visibile), è il colore del pianeta Marte e del fuoco in ogni sua raffigurazione.

Non solo il rosso tinge gli abiti e i dettagli dei personaggi crudeli e sanguinosi, ma spesso viene utilizzato anche per scurirne la carnagione e l’aspetto in generale: questo per aumentare il contrasto purezza/brutalità.

Lussuria

Dopo l’ira, non si può non citare la lussuria: il rosso è il colore anche di questo aspetto del genere umano, in ogni sua versione. La mela rossa (non espressamente descritta, ma così rappresentata) della Bibbia, la mela di Biancaneve, le bacche rosse di Bosch e così via: il rosso è tentazione, è peccato, è lussuria.

Seduzione

Oltre a essere il simbolo dell’amore e della passione, il rosso e anche simbolo di seduzione.

In questo caso prendiamo in considerazione due esempi Dalì che il progetto un intero salotto ispirato alla Diva del cinema Mae West creando per esempio il famoso divano a forma di labbra rosse.

Il secondo maestro del rosso è sicuramente Valentino che nel mondo del lusso e dell’alta moda ha raggiunto fama internazionale proprio grazie al “rosso Valentino”, con cui ha realizzato i suoi abiti esposti nel primo Atelier a Roma nel 1959.

Porpora

Il color porpora è da sempre associato alla Chiesa e al potere in quanto simbolo dei Cardinali (colore della loro veste), già nell’Antica Roma era il colore delle tuniche dei Patrizi e, successivamente, soltanto dell’Imperatore, questo colore simboleggia spesso il martirio e, anche i giorni nostri, è rimasto il colore delle tuniche dei cardinali.

Sangue

Il colore rosso è spesso associato anche al sangue, per questo utilizzato di frequente in tutto ciò che riguarda la violenza e l’orrore.

È parte integrante di molti aspetti dell’essere umano sia positivi sia negativi: per esempio ferite e malattie, oppure nascita e prosperità.

In questo caso non si può non citare Caravaggio, che è sicuramente stato uno degli artisti più “sanguinari”, raffigurando scene molto violente come per esempio Giuditta e Oloferne, dipinto con un realismo sorprendente.

Non è un caso che nello stesso periodo siano state fatte grandi scoperte sulla circolazione del sangue all’interno del corpo umano.

Negli anni successivi Caravaggio si sbizzarrisce con la rappresentazione di teste mozzate: oltre a Oloferne dipingere anche Medusa, San Giovanni Battista, il gigante Golia e, infine, nel 1606 viene condannato alla decapitazione perché accusato di omicidio.

Il rosso sangue ha mantenuto negli anni sempre la stessa determinazione è influenza soprattutto nella cultura occidentale, basti pensare a ogni rappresentazione o raffigurazione che abbia in qualche modo a che fare con la violenza o con il mondo dell’horror.

 

Il Giappone

Come da tradizione, il Giapponeviene definito il paese del Sol levante, non a caso questo elemento viene raffigurato come un grosso disco di colore rosso in molti dipinti della tradizione giapponese: uno tra tutti è, appunto, il Sol Levante di Monet dipinto tra il 1872 e il 1873.

Il rosso nella cultura orientale – e in particolare in Giappone – è un elemento positivo e di grande speranza, per questo viene spesso utilizzato con maggiore “disinvoltura” nelle opere d’arte, una tra tutte il Fuji rosso di Hokusai,  il grande maestro dello stile Ukyo-e.

 

Percezione e memoria

A questo punto non si può non citare Henri Matisse e la sua opera Lo studio rosso: come egli stesso afferma, molte delle sue opere sono state intrise a tal punto dal rosso che ne è diventato il colore dominante.

Questo perché è il colore per eccellenza che ha la capacità di rimanere in memoria e trasmettere il maggior numero di sensazioni ed emozioni in quanto in grado di far aumentare la pressione e addirittura il battito cardiaco, va da sé che sia nettamente più influente sulla psicologia umana rispetto ad altri colori.

 

Rosso: significato

 

Buon venerdì lettori!
Lo so, è un giorno di festa, ma sto cercando di mantenere l’abitudine di pubblicare sempre di venerdì.
Oltretutto l’8 Dicembre per molti è il giorno dedicato agli addobbi e ai preparativi per il

periodo natalizio: non c’è niente di più appropriato considerando che il tema del blog di questo mese è proprio il colore rosso.

Anche il rosso, proprio come il giallo del mese scorso, è un colore dalle mille caratteristiche ed interpretazioni: festa, calore, amore, ma anche terrore, sangue, violenza.

Il rosso è il colore a cui sono stati attribuiti più significati in assoluto, spesso contrastanti tra loro: ciò dipende molto dalla cultura e dalla posizione geografica a cui si fa riferimento (es: Oriente / Occidente).

Rosso: curiosità

Proprio per questo motivo oggi ho deciso di parlarvene sotto vari aspetti.. quindi ecco a voi alcune curiosità:

  • Energia: pare che questo colore sia in grado di trasmettere energia fisica e psichica
  • Personalità: gli amanti del rosso solitamente sono individui energici e competitivi; al contrario, chi non tollera il colore rosso, spesso ha una personalità irrequieta e preferisce la tranquillità piuttosto che l’avventura
  • Natale: il rosso è il colore che più rappresenta questa festività.
  • Politica: il rosso è stato spesso utilizzato come “bandiera” politica, ma non necessariamente sempre dallo stesso schieramento; in alcuni casi è stato simbolo di destra e in altri di sinistra.
  • Medioevo: durante questo periodo storico, il rosso era il colore del guelfismo.
  • Calore: in qualsiasi rappresentazione strumentale o tecnica, il rosso è simbolo di calore (acqua, impianti, ecc)
  • Luci rosse: film, quartieri.. da dove proviene questo termine? In passato il quartieri in si praticava prostituzione, venivano segnalati tramite delle lanterne rosse.
  • Pericolo: il rosso è il colore che si riconosce con più facilità e a maggiore distanza, per questo viene utilizzato per i segnali di pericolo e avvertimento.
  • Fuoco: il rosso identifica questo elemento dai tempi più remoti, tutt’oggi utilizzato per segnalare oggetti e strumenti legati in qualche modo al fuoco.
  • Sistema nervoso: il rosso è in grado di stimolare il sistema nervoso, aumentare il battito cardiaco e la pressione, nonché il senso di appetito.
  • Deserto: il nome (DeSheReT) deriva dal colore rosso (DeSheR, per gli antichi egizi).
  • Amore e seduzione: dall’aspetto romantico a quello dei sensi, il rosso è il colore degli innamorati per eccellenza.
  • Andare in rosso: un modo di dire utilizzato da sempre per indicare una situazione di debito.
  • Laurea: si festeggia con nastri e confetti rossi.

Si potrebbe andare avanti in eterno con l’elenco di tutti gli ambiti in cui viene utilizzato il rosso propriamente o impropriamente, ciò dimostra quanto questo colore sia fondamentale per la conoscenza e l’interpretazione del mondo che ci circonda.

Nei prossimi articoli di questo mese ve ne parlerò sotto l’aspetto artistico, grafico e, ovviamente, non potrà mancare l’articolo dedicato ai #LibriATema.


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Giallo: quando sceglierlo per la grafica

Buon venerdì lettori! Questo pomeriggio vi propongo il secondo dei quattro post dedicati al colore giallo e vi racconto come viene utilizzato nel mondo del Graphic Design.

Come vi ho già spiegato nel post precedente, il giallo è un colore controverso: ha molti aspetti positivi (è allegro, vivace, stimola la concentrazione…) ma ha anche delle controindicazioni: mai eccedere con questo colore!

Molto apprezzato nel mondo della grafica e della pubblicità per le sue capacità di attirare l’attenzione, proprio come il rosso (che sarà il tema di dicembre, ndr), utilizzato soprattutto per promuovere prodotti per giovani e bambini; attenzione però: è molto “commerciale” e per chi volesse un’immagine raffinata andrebbe sicuramente evitato o utilizzato a piccole dosi.

Sicuramente, se la vostra intenzione fosse quella di incuriosire, sarebbe il colore adatto.

Non è finita qui: pare che questo colore sia in grado di stimolare l’appetito, come il rosso e l’arancione. Per questo motivo viene spesso utilizzato nel campo della ristorazione… Qualcuno ha detto McDonald?!

La seconda versione del giallo nella grafica è il contrasto: esistono pochi colori che riescano a creare un contrato così evidente se associati al nero o al grigio. In questo caso viene utilizzato esclusivamente un duetto di colori, soprattutto per agenzie di comunicazione e simili.

Detto questo, il giallo è da scegliere o no?

Come già detto, stiamo parlando di un colore molto vivace e allegro, da scegliere quindi per composizioni grafiche rivolte ad un pubblico giovane (locali, eventi…) oppure per promuovere una campagna pubblicitaria che punti sull’aspetto economico e prettamente commerciale (saldi, sconti, e così via). Ovviamente è un colore perfetto per chi si occupa di ristorazione e derivati.

In alternativa lo si può “alterare”: giallo pastello per i bambini, ocra per ambienti rustici; oppure abbinare ad altri colori: giallo-blu-bianco, molto particolare e sicuramente d’impatto, giallo-rosso per macellerie o centri commerciali, ecc.

Da evitare categoricamente per ambienti eleganti e raffinati, perderebbero la loro classe.

Da ricordare: secondo alcune ricerche, il giallo associato al nero forma la combinazione di colori che si nota e ricorda con più facilità.

Giallo: significato e caratteristiche

Giallo…

Il tema di novembre è il colore giallo, con questo e con i seguenti tre articoli di questo mese ho intenzione di raccontarvi qualcosa in più su questo colore.

Ogni colore, infatti, ha delle proprietà per quanto riguarda l’arte, la grafica e l’immagine in generale, ma tuttavia anche dei significati diversi che vengono assimilati spontaneamente dalla mente umana ma che, solitamente, non ci soffermiamo a considerare.

Per esempio il colore giallo ha diversi significati per quanto riguarda le emozioni e i sentimenti, è spesso associato al tradimento, all’invidia, alla malinconia, alla potenza, a tratti alla natura e al sole, nonché alla luce e alle ombre in base all’intensità e alla gradazione di colore con cui viene utilizzato.

Si tratta di un colore molto particolare, molto vivace e che spicca spesso tra gli altri: per questo viene utilizzato anche come segnale di pericolo, (basti pensare al semaforo – che in realtà non è propriamente giallo ma arancione, anche se viene identificato come “semaforo giallo”) in questo caso il giallo assume il significato di pericolo o attenzione.

Il giallo insieme al ciano e al magenta è uno dei tre colori primari, è il primo colore che viene percepito dall’occhio umano e viene utilizzato soprattutto dai bambini in quanto facilmente percepibile rispetto ad altri colori.

Essendo un colore primario ed essendo così vivace, è carico di significati: proprio per questo è indispensabile anche nell’arte, di qualsiasi genere si tratti.

Giallo: significato

La prima cosa a cui si pensa quando viene nominato il giallo  è probabilmente il sole, di conseguenza calore, forza, potenza, quindi è evidente che questo colore possa assumere anche significati positivi al contrario di quanto detto poco fa, in particolare è utile per trasmettere sensazioni di gioia e allegria, esuberanza ed entusiasmo.

È un colore dai significati controversi, oltre a questi aspetti positivi citati poc’anzi sicuramente viene associato alla paura e alla malattia o addirittura alla morte, addirittura la luce che collega la vita e la morte spesso viene indicata e rappresentata con il colore giallo.

A questo punto è evidente che il giallo non sia assolutamente un colore neutro ma piuttosto una tinta da usare con cautela, in quanto potrebbe influire grandemente sulla percezione di ciò che si sta considerando, che si tratti di un elemento grafico, un testo, un’immagine una fotografia luogo o qualsiasi altra cosa venga in mente.

Immagine // Il New York Times

Pensando ad un giornale, qual è il primo che vi viene in mente? State pensando al New York Times?

Io si. Sarà perché viene nominato in quasi tutti i libri e film americani, sarà perché in fin dei conti ha fatto la storia, in ogni caso credo che sia la testata che più identifica il mondo del giornalismo sotto l’aspetto dell’immagine.

Nonostante sia un giornale nato recentemente rispetto ad alcune testate italiane ed europee, è fuori dubbio che sia più che conosciuto anche qui, magari non letto ma di certo conosciuto da tutti. Quindi perché non conoscerlo meglio?

Il New York Times è il quotidiano statunitense per eccellenza, fondato nel 1951, è disponibile anche in versione internazionale (International New York Times) – è stato il primo giornale ad avere una sede in uno stabile costruito appositamente: l’attuale Times Square (un tempo Long Acre Square) è una delle piazze newyorkesi più famose al mondo.

Si tratta di una testata da record, con una diffusione giornaliera di circa due milioni di copie, tra cartaceo e digitale.

  • Il quotidiano ha vinto più premi Pulitzer di qualsiasi altro giornale, 101 per l’esattezza (solo negli ultimi anni vale la pena di citare gli articoli riguardanti il  Conflitto del Darfur,  l’immigrazione negli USA, L’inchiesta sulla filiera farmaceutica che ha messo sul mercato prodotti pericolosi provenienti dalla Cina, la serie The DNA Age, e così via).
  • Offre una versione web assolutamente completa e molto elegante, con un archivio di contenuti pressoché infinito.

Vi lascio con il motto del New York Times, che è All the News That’s Fit to Print

Sei proprio il mio Typo

Sei proprio il mio Typo Book Cover Sei proprio il mio Typo
Simon Garfield
Saggio, Comunicazione
Ponte alle Grazie
2014
Copertina flessibile
356

Pressoché sconosciute fino a vent'anni fa, grazie all'avvento della tecnologia informatica oggi le font sono a tutti gli effetti protagoniste del nostro quotidiano. Ma quali sono state le tappe che le hanno portate a uscire dalla ristretta cerchia di addetti ai lavori e di qualche sparuto appassionato? La risposta è in questo saggio di Simon Garfield, che rappresenta un autentico compendio della secolare storia della tipografia, da Gutenberg ai giorni nostri, che conta oltre centomila tra font e caratteri tipografici, ognuno con le sue peculiarità e le sue alterne fortune.

Condito di divertenti aneddoti sul design delle parole intorno a noi, Sei proprio il mio Typo impone come testo di riferimento per quanti desiderano conoscere l'affascinante mondo delle font che, come sottolinea l'autore, non sono il semplice disegno di lettere dell'alfabeto, ma costituiscono un vero e proprio veicolo di emozioni.
E, come vedremo, è proprio in virtù di questa loro innata capacità comunicativa che, in molti casi, sono finite per diventare icone universalmente riconoscibili, scolpite per sempre, nel bene e nel male, nell'immaginario collettivo di ogni epoca e latitudine.

Buon venerdì lettori! Come già detto nei due post precedenti, questo mese il tema del blog è il giornale e oggi vi scrivo per consigliarvi un libro.

Font: cosa nascondono?

Per la mia rubrica #LibriATema, ho deciso di proporvi “Sei proprio il mio typo – la vita segreta dei caratteri tipografici” di Simon Garfield, giornalista e autore britannico.

Si tratta di un volume di 364 pagine che racconta la storia dei font, partendo da Gutemberg per arrivare fino all’utilizzo dei caratteri tipografici in larga scala: al giorno d’oggi i font e caratteri tipografici conosciuti e utilizzati, sia su supporti cartacei e sia digitali, sono più di centomila ed ognuno ha delle caratteristiche proprie, uno stile in grado di trasmettere sensazioni.

Ogni font può essere più o meno adatto per un determinato settore (food, design, abbigliamento, sport e così via), ed è proprio questo il motivo per cui i font sono determinanti nella comunicazione visiva.

Tornando al libro, “Sei proprio il mio typo” è scritto in modo scorrevole, suddiviso in più parti, e può essere apprezzato anche da chi volesse leggerlo solo per curiosità e non necessariamente per sfruttare i font a scopo commerciale. Oltre agli aspetti tecnici sulla “vita segreta” dei font, il libro contiene alcuni aneddoti divertenti come la storia del Comic Sans (utilizzato per da molti e odiato da altrettanti!).

Lo consiglio assolutamente: ☆☆☆☆☆/5


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Grafica / Il giornale e i suoi font

Il tema di questo mese è il giornale, quindi: qualcuno di voi si è mai fermato a pensare ai caratteri che vengono utilizzati per la stampa? Probabilmente no,  ma potrebbe essere interessante scoprire qualcosa in più sulla vita segreta che sta dietro ai caratteri che vediamo ogni giorno.

I font sul giornale: storia e caratteristiche in breve

I più utilizzati sono il Benton, Times New Roman e Arial, il Garamond e, ovviamente, l’Helvetica. In particolare su questo font ho trovato una storiella interessante riportata su un articolo de La Stampa, cito testualmente:

“…se provate a fare come Cyrus Highsmith, vi troverete di sicuro nei guai. Alcuni anni fa questo disegnatore di caratteri newyorkese decise di passare un giorno senza incontrare l’Helvetica, uno dei caratteri più diffusi al mondo. Disegnato nel 1957, è versatile, senza grazie, sobrio e leggibile, buono per tutti gli usi e soprattutto coetaneo di due importanti fenomeni del XX secolo: i viaggi di massa e il consumismo. Appena alzato Cyrus non riesce a vestirsi con i soliti indumenti: le istruzioni di lavaggio sono scritte in Helvetica; trova solo una tuta militare e una vecchia T-shirt; a colazione è costretto a bere tè giapponese e a mangiare frutta fresca; non può leggere il New York Times o salire sulla metropolitana; per fortuna trova un autobus senza. Per mangiare va dritto a Chinatown; sul computer apre la tendina e cerca un altro carattere, ma poi non riuscirà a navigare nel web; così fatica con le banconote e non usa la carta di credito. A sera, al ritorno, rinuncia al televisore, perché i comandi sono in Helvetica, sceglie un volume composto in Electra, e infine si addormenta.”

Il motivo di tutte le difficoltà che ha incontrato Cyrus durante il suo esperimento è semplice: l’Helvetica, come pochi altri caratteri è entrato a far parte del mondo che ci circonda grazie alla sua leggibilità e chiarezza. L’Univers è stato l’unico font ad avere quasi la stessa diffusione.

In quanto a caratteri molto utilizzati per la stampa in larga scala, non si può non citare il Futura (disegnato da Paul Renner nel 1924), e poi il Georgia e il Verdana, ma a questo punto si passa alla video-scrittura e ai giornali on-line.

Detto questo, noi amanti della carta stampata, dovremo rassegnarci a non poter evitare di incontrare alcuni font, proprio come è successo a Cyrus Highsmith.


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Il primo giornale stampato: Curiosità

Giornale: una storia in breve

Al giorno d’oggi i giornali sono un mezzo di comunicazione ovvio e disponibile a tutti in molteplici versioni. I giornali vengono stampati in serie e pubblicati a livello locale, regionale, nazionale o mondiale. Esistono giornali di sport, politica, attualità, cultura generale e così via. Ma come è nato il primo giornale?

Va precisato che per giornale si intende una pubblicazione periodica di notizie, critiche e informazioni allo scopo di informare il pubblico. Il nome giornale deriva dalla parola “giorno”, a causa della sua frequenza di pubblicazione iniziale, ormai non così determinante: esistono, infatti, giornali a pubblicazione giornaliera, settimanale o mensile.

Ormai i giornali nella loro forma stampata sono apprezzati solo più dai veri appassionati o da chi ha la “cultura” o l’abitudine del giornale al mattino o alla sera ma, per la maggior parte, i giornali sono consultabili on-line.

Ma torniamo alla storia: il primo giornale stampato fece la sua comparsa a Strasburgo nel 1609, redatto in lingua tedesca, era una sorta di resoconto d’informazione (era infatti intitolato “Relation aller Fürnemmen und gedenckwürdigen Historien” – cioè “Resoconto di tutte le notizie importanti e memorabili”).

Era diverso dai fogli d’informazione noti fino ad allora proprio per la sua frequenza di stampa – una o due volte alla settimana.

In Italia il primo giornale è stato pubblicato nel 1936, a Firenze. Successivamente sono comparsi i primi settimanali anche a Roma, Genova e Bologna, per poi diffondersi nel resto del Paese.

 


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La psicologia del colore nel cinema

Il colore è la base della percezione del mondo che circonda sotto l’aspetto visivo: influisce sulle emozioni, sulle opinioni e sulle sensazioni che stanno dietro un’immagine. Il cromatismo è un vero e proprio linguaggio visivo: social media, pubblicità, stampa e televisione sfruttano questo linguaggio al massimo, per trasmettere allo spettatore un messaggio ben preciso (solitamente con l’intenzione di portarlo a compiere un’azione finale).

Nel cinema il colore definisce un genere o identifica un regista, una serie, e così via. Molti dei film che hanno fatto la storia, basano il loro successo proprio sul colore: Shindler’s List, Sin City, The Revenant, Inception, Moulin Rouge, It, ecc. Alcuni registi sono riconoscibili proprio grazie ai colori: Tim Burton, Guillermo Del Toro.

Australia

Regia: Baz Luhrmann
Genere: storico, drammatico, sentimentale

Trama: Ambientato nell’Australia settentrionale alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, il film racconta le vicende di un’aristocratica inglese di nome Sarah (Nicole Kidman) che eredita un ranch. Quando i magnati del bestiame inglesi tentano di impadronirsi della sua terra costringendola a vendere il ranch, unisce le sue forze a quelle di un rude mandriano – Drover – (Hugh Jackman) per condurre 2000 capi di bestiame attraverso centinaia di chilometri di terra desolata. La guerra è ormai alle porte e complica ulteriormente la situazione: Sarah, Drover e il piccolo Nullah lotteranno con tutte le forze per la loro terra.

Colori: le scene dei questo film sono quali completamente realizzate con colori caldi e scuri, trasmettono un senso di “calore” nonostante il clima di guerra e aiutano a sottolineare l’ambiente e il periodo storico in cui si svolge la vicenda.

Avatar

RegiaJames Cameron
Genere: fantascienza

Trama: la storia è ambientata principalmente su Pandora, luna del gigante gassoso Polifemo, su cui una compagnia interstellare terrestre ha interessi economici su un cristallo ferroso presente in grandi quantità nella terra dei Na’vi. Gli esseri umani devono indossare delle maschere filtranti se vogliono atterrare su di essa. Proprio per questo motivo, gli studiosi hanno messo a punto degli avatar, vale a dire dei corpi genetici ibridi, a metà tra i Na’vi e gli umani. Jake Sully è uno degli ex-marine che si prestano a questo servizio (è rimasto invalido e intende utilizzare la ricompensa per pagare un’operazione che gli farà acquisire nuovamente l’utilizzo delle gambe). Mentre si trova in missione, però, entra in simbiosi con la popolazione Na’vi e scopre che in realtà la missione non è innocua come volevano fargli credere: aiuterà i Na’vi nella guerra per cacciare il genere umano da questo fantastico mondo. Jake sposerà una Na’vi e lascerà per sempre il suo corpo umano per rimanere nel suo Avatar.

Colori: Blu e azzurro in tutte le loro tonalità, verde, arancio e rosa, colori vivaci. Colori tipici del genere Sci-Fi e tecnologico, con l’aggiunta di colori molto vivaci a caratterizzare il mondo Na’vi, per trasmettere allo spettatore la spettacolarità di un ambiente incontaminato, mettendolo a confronto con la crudeltà che il genere umano è in grado di dimostrare.

A Nightmare on Elm Street

Regia: Samuel Bayer
Genere: Horror

Trama: Dean, uno studente, sta avendo strani incubi. Ne ha parlato con uno specialista che ritiene tutto nasca da quello che gli è successo da piccolo. La sua fidanzata Kris lo tranquillizza: in fondo sono solo incubi. Dean però crede che siano reali e, sotto gli occhi increduli di Nancy, sembra tagliarsi la gola da solo. Ma a tagliargliela è l’uomo nero dei suoi incubi, Freddy Krueger. Nancy, amica di Dean, crede di sapere di cosa si tratti, ma i suoi amici non vogliono sentirne parlare. C’è qualcosa di misterioso nel loro passato, qualcosa che non ricordano e che i loro genitori, interrogati, negano. Un altro del gruppo, Jesse, è testimone della truculenta morte di Kris durante un incubo ed è accusato dell’omicidio. Rinchiuso in cella, viene a sua volta macellato da Krueger mentre dorme. Nancy e il suo amico Quentin, gli ultimi rimasti, sanno che devono fare qualcosa se vogliono evitare di essere i prossimi della lista.

Colori: Il film in questione è il remake del 2010, molti sostengono che sia migliore l’originale. Sotto l’aspetto cromatico ha poca importanza, gli horror sono definiti sempre e comunque da due colori: rosso e nero. Il nero mette paura, angoscia, tristezza. Il rosso spaventa e richiama l’attenzione sui dettagli. I toni del grigio e del marrone sono solitamente aggiunti per creare un’atmosfera cupa.

The imitation game

Regia: Morten Tyldum
Genere: Drammatico, storico

Trama: La Seconda Guerra Mondiale sta affliggendo l’Europa e il brillante matematico Alan Turing, si mette a disposizione del governo della Gran Bretagna: dovrà creare una macchina – chiamata Enigma – in grado di decifrare i messaggi in codice inviati dai nazisti. Ad aiutarlo in questo arduo compito alcuni compagni di studio e il capo dell’MI6. Dopo svariati tentativi Alan riesce a decodificare i messaggi che venivano inviati sotto forma di bollettino meteo e ad evitare ulteriori attacchi nazisti. Successivamente Alan viene condannato perché omosessuale e costretto alla castrazione chimica. Sarà sempre più isolato a depresso, fino al suicidio all’età di 41 anni.

Colori: Si tratta fondamentalmente di un film storico e, come tutti i film di questo genere, si basa sui toni del grigio o del marrone. In particolare questo film è girato completamente con toni scuri, a sottolineare l’atmosfera cupa e malinconica del periodo di guerra.

Come è nata la grafica italiana

Questo è il mio primo articolo dedicato ai libri ed è anche il primo articolo di questa rubrica parlerà della storia della grafica italiana o, più precisamente, di come è nata.

L’idea è quella dei #LibriATema. Scriverò articoli che parlano di un solo testo o di una raccolta che comprende testi riguardanti lo stesso argomento. Ovviamente sceglierò testi che in qualche modo si possano ricondurre al mondo dell’immagine in una delle sue forme (per esempio: grafica, design, arte e poi moda, fumetto, fotografia). Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti o su Instagram.

La storia della grafica italiana è un susseguirsi di vicende e protagonisti che hanno influenzato la grafica nel mondo occidentale e non solo. Sicuramente la massima espressione degli artisti nel campo della grafica è avvenuta nel periodo del secondo dopoguerra, quando il “graphic design” è diventato un lavoro a tutti gli effetti anche in Italia.

Tuttavia, prima di questo momento, vale la pena di ricordare almeno tre passaggi importanti:

  • seconda metà dell’800/inizi del ‘900: è il periodo dei cartellonisti, con influenze dello stile Liberty e Déco, delle avanguardie artistiche e del Novecento.
  • il Futurismo e la “Rivoluzione Tipografica”, che inizialmente hanno incontrato una certa resistenza da parte dei tradizionalisti, ma hanno aperto le porte ad una vera e propria rivoluzione tipografica che sfocerà nel Secondo Futurismo, con Carboni, Grignani e Munari.
  • gli anni ’30: sono gli anni dell’astrattismo razionalista, influenzato dalle avanguardie europee.

Ed è proprio in questi anni che si creano le basi per lo sviluppo della grafica italiana: nasce a Milano negli anni ’30 la figura del progettista grafico. Il capoluogo lombardo era, infatti, un punto geografico strategico per assimilare le influenze europee e svilupparle nei primi uffici pubblicitari.

Nel 1933 in particolare, accadono a Milano una serie di eventi che determineranno il futuro della grafica italiana. Alla V Triennale viene presentata una raccolta di lavori dei maggiori esponenti della Nuova tipografia, curata da Paul Renner – progettista del Futura, uno dei font più influenti del modernismo (eh si, è il mio font preferito!). Edoardo persico presenta la rivista “Casabella” in una nuova veste editoriale e nello stesso anno esordisce “Campo Grafico”, una rivista redatta da un gruppo di tipografi d’avanguardia.

In questi anni inoltre viene introdotta la fotografia come elemento fondamentale della grafica, il carattere tipografico assume un ruolo determinante e viene utilizzato in modo plastico ed espressivo, il colore viene usato con moderazione ed, infine, la composizione è basata sull’equilibrio degli elementi.

Successivamente la grafica italiana si sviluppa maggiormente nel nord del Paese, tra Milano, Torino e Genova. Queste tre città erano le più sviluppate economicamente e culturalmente: nel secondo dopoguerra le aziende hanno cominciato a ricostruirsi e rimodernarsi, puntando molto sull’immagine e sull’impressione sul consumatore (basti pensare ai manifesti della Fiat 500, o della Olivetti).
Inoltre queste città ospitavano intellettuali e studiosi italiani e non solo: questo ha reso possibile un collaborazione tra intellettuali e progettisti grafici con l’intenzione di democratizzare la cultura.

In seguito è stato un percorso in ascesa: lo stile italiano è diventato inconfondibile, il design “made in Italy” continua a fare tendenza e scuola in tutto il mondo.

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#LibriATema:

  1. Grafica italiana dal 1945 a oggi | Carlo Vinti – edito da Giunti (artedossier): ☆☆☆☆☆/5 – molto interessante, scorrevole e dettagliato;
  2. Design italiano del XX secolo | Aldo Colonetti – ☆☆☆☆☆/5 – ottimo e assolutamente consigliato agli appassionati del genere.

Altri articoli: Grafica

Design e comunicazione visiva

Design e comunicazione visiva
Bruno Munari
Grafica
Laterza
2017 (6^ ed)
Copertina flessibile
370

Che cosa è la grafica? Chi sono i designer? Come funziona la loro logica creativa? Quale uso fanno delle tecniche e dei materiali? Un maestro del design italiano ha scritto il più divertente manuale per comprenderne i principi, le leggi e le possibili realizzazioni.

Design e comunicazione visiva – Bruno Munari.

“Bruno Munari (Milano, 24 ottobre 1907 – Milano, 29 settembre 1998) è stato un artista, designer e scrittore italiano.

È stato uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo, dando contributi fondamentali in diversi campi dell’espressione visiva (pittura, scultura, cinematografia, disegno industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell’infanzia attraverso il gioco.” – da Wikipedia.

Ho iniziato a leggere un paio di giorni fa il libro “design e comunicazione visiva” di Bruno Munari ed ho notato quanto alcuni aspetti del mondo della grafica si ripetano costantemente nel tempo.

Il testo è forse un po’ obsoleto per quanto riguarda i mezzi e gli strumenti trattati: i calcolatori hanno appena fatto la loro comparsa e si parla di pellicole e vetrini, non di fotografia digitale ed post-produzione.

Ma c’è un concetto che è assolutamente attuale: l’idea di comunicazione visiva. Sono passati anni da quando il libro è stato scritto, sono cambiati i metodi di insegnamento, sono cambiati gli strumenti e le possibilità di imparare… ma la tendenza è sempre la stessa. Ovvero dimenticare perché è importante la comunicazione visiva: ogni cosa che vediamo è comunicazione visiva, seppur involontaria. Un’immagine, uno schizzo, uno scarabocchio, un simbolo, un gesto. Non importa come sia stato fatto e perché.

Con il passare del tempo e l’abitudine a svolgere un certo lavoro in un certo modo, perdiamo la fantasia, la voglia di creare e soprattutto interpretare. Non esiste bello o brutto, fatto bene o fatto male. Troppo spesso si cade nella trappola della convenzione estetica. Credo che sia opportuno prima di tutto rapportare la comunicazione visiva a ciò che si sta trattando e poi… osare!

 


Recensione Design e comunicazione visiva di Bruno Munari