Fumettedì: fumetti horror!

Se anche voi, come me, siete amanti dell’horror ricco di significati, sottili messaggi e critiche, l’argomento di oggi fa per voi. Infatti oggi andremo all’esplorazione di due dei fumetti horror che più mi sono piaciuti degli ultimi anni.

The Black Monday Murders.

Un fumetto investigativo con pesanti sfumature horror, The Black Monday Murders ci rende partecipi del viaggio di un investigatore privato all’interno dei segreti e degli elementi soprannaturali che circondano i mercati finanziari. Una premessa molto semplice che però porta a risvolti estremamente vari ed inaspettati: The Black Monday Murders è uno di quei fumetti horror che non fa leva su immagini forti e violenza per catturare il lettore, si basa invece su una costante, ma persimoniosa, rivelazione dei misteri del mondo della finanza.

The Black Monday Murders è anche ricco di critiche, più o meno sottili, al sistema capitalista e all’effetto che il denaro ha sulle persone. Il lavoro di Jonathan Hickman e Tomm Coker fonde investigazione noir con horror supernaturale consegnando a tutti gli amanti di entrambi i generi un buon compromesso che si rivela essere uno dei migliori fumetti horror in circolazione. Una nota di merito va allo stile artistico scelto da Tomm Coker che rende perfettamente le atmosfere e le emozioni dei personaggi.


Regression.

Regression è un horror psicologico estremamente curato sia dal punto di vista della narrativa sia dal punto di vista artistico. Si tratta di un fumetto horror che accompagna il lettore in un viaggio all’indietro nella psiche del protagonista. Molto spesso Regression usa un mix di immagini crude e disegni onirici: l’horror si trasmette tramite il passaggio tra uno stile pulito, colorato e forti immagini di insetti che ricoprono corpi umani o simili. La narrativa di quest’opera non è da sottovalutare: il fatto che tutto giri attorno alla psiche danneggiata del protagonista fa sì che l’intreccio sembri naturale, per nulla forzato e sopratutto è sempre coinvolgente.

Alcuni potrebbero rimanere delusi dalla piega “particolare” che la trama segue verso la fine del racconto, io l’ho trovata un’aggiunta, forse un po’ banale, ma completamente in tono con il resto della narrazione. Anche se, personalmente, credo che una storia così bella sia molto difficile da chiudere senza deludere qualcuno (sto guardando te, George Martin).

Altri fumetti horror consigliati!

Altri fumetti horror che ci tengo a consigliare sono: il Neonomicon di Alan Moore, il fumetto di Silent Hill, Gideon Falls, tutti i lavori di Junji Ito e il manga Homunculus di Hideo Yamamoto. Approfondiremo questi titoli in altri articoli ma sono sicuramente letture consigliate anche se, specialmente il Neonomicon, i manga di Junji Ito e Homunculus, richiedono uno stomaco particolarmente forte per essere completati.

A venerdì prossimo!


 

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Dante Alighieri: maestro dell’horror simbolico.

Dante Alighieri: maestro dell’horror simbolico: un viaggio alla scoperta del Sommo Poeta.


L’orrore simbolico in Dante.

Alcuni potrebbero storcere il naso al pensiero del sommo poeta come scrittore horror per questo motivo ho deciso di iniziare dalla legge del contrappasso dei violenti: sono immersi in un fiume di sangue bollente e subiscono violenze dai centauri che gli impediscono di uscire dal fiume. Ovviamente l’horror per Dante non è altro che un mezzo per rappresentare la tipologia di persone che vengono punite: i violenti soffrono nel sangue che hanno fatto scorrere in vita, per esempio. Dante non cerca di ispirare terrore nei lettori (o meglio, ascoltatori dell’epoca) fine a sè stesso. Dante usa l’horror con significato simbolico per mettere in guardia da quella che, all’epoca, era la punizione peggiore che si potesse ricevere.

Orrore per creare contrasto.

Dante, come maestro dell’horror simbolico usa l’orrore non solo per far ragionare sul perchè di tale violenza o crudeltà, ma anche per creare contrasto con la luce e la speranza del paradiso. 

L’importanza di Dante Alighieri per l’horror moderno.

Oggi la maggior parte delle opere horror tendono ad avere un secondo significato, nascosto tra gli spaventi e il sangue (ovviamente se si parla di creazioni di un certo livello, non cose come Insidious, The Conjuring ecc ecc…). Il motivo per cui l’horror di oggi è così simbolico e così ricercato e non una semplice espressione di violenza è da ricercarsi proprio nel modo in cui Dante usava la violenza e la crudeltà nella sua Divina Commedia. Dante non spaventava solo per far fare un salto sulla sedia al suo pubblico ma per far pensare: alle conseguenze delle proprie azioni, alla propria vita e chi più ne ha più ne metta. Se oggi abbiamo opere come Silent Hill, l’horror lovecraftiano, i componimenti di Allan Poe e le creature di Bram Stoker è soprattutto grazie alle sottigliezze del maestro dell’horror simbolico: Dante.

 

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Dorè: illustratore horror.

Dorè: gusto per l’inquietante e l’epico.

Dorè è stato un illustratore e incisore francese, noto soprattutto per le sue illustrazioni della Divina Commedia di Dante. La produzione di Dorè non si limita solo al suo lavoro più famoso, infatti l’artista ha illustrato anche delle poesie di Edgar Allan Poe e altre pubblicazioni classiche come “The rime of the ancient mariner”. In tutte le opere di Dorè si nota la tendenza ad uno stile tetro e estremamente dettagliato ma non per forza realistico, questo gli permetteva di catturare al meglio momenti macabri come Minosse che indica il girone ai dannati nella Divina Commedia.

 

Altre influenze di Dorè.

Dorè non creò soltanto illustrazioni di inquietanti opere ma anche progetti originali ispirati da ciò che lui amava. E’ spesso possibile notare alcuni personaggi ricorrenti come gli indovini, gli zingari e tutti quei personaggi tipici delle sagre di paese dell’epoca, tutti rappresentati in modo positivo dall’artista come a sottolineare la sua simpatia verso quella categoria di persone.

Dorè dipinse anche molti opere paesaggiste nelle quali, grazie al suo stile, l’artista rende evidente (in modo inquietante e ansiogeno) il contrasto fra natura e uomo. E’ molto importante anche la rappresentazione del medioevo: egli infatti lo riteneva un importantissimo periodo di sviluppo culturale per tutto il mondo.

L’artista sia nel rappresentare paesaggi, che personaggi e periodi storici: fa risaltare gli aspetti positivi circondandoli di “orrido”. Il medioevo per esempio è un contrasto di fitti boschi, rovine e scenari fantastici correlati con l’orrido scaturito dall’uomo o dalla malattia.

 

L’influenza moderna.

La potenza rappresentativa e l’unicità delle opere di Dorè hanno ispirato moltissimi artisti e produttori moderni: mangaka, disegnatori di fumetti, registi, sceneggiatori e musicisti. L’influenza dell’artista non si limita allo stile ma anche al modo di vivere l’orrido: come un modo per far risaltare il lato positivo che gli sta accanto.

 

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Bram Stoker: il maestro dell’horror gotico

Abraham Stoker, detto Bram, nacque in Irlanda nel 1847 e morì a Londra nel 1912. Buona parte della sua notorietà deriva dalla popolarità del romanzo “Dracula”: la storia di vampiri per eccellenza; ma la produzione di Stoker non si limita ad un solo libro ed il suo genio rappresentativo non si ferma al personaggio del vampiro.

Contesto storico.

Stoker nacque in Irlanda nel 1847, l’anno peggiore della carestia che colpì il paese; la grande carestia provocò un milione di morti e moltissimi migranti. Poco dopo la carestia, l’Irlanda venne colpita anche da un’epidemia di tifo. Il giovane Abraham (chiamato Bram dalla madre) passa buona parte della giovinezza nello scenario di uno stato devastato dalla carestia e dalla malattia: questo lo porterà ad elaborare storie horror ricche di grotteschi dettagli tratti dalla realtà, il tutto però filtrato attraverso la sua fantasia e i suoi personaggi.

Horror gotico.

Stoker rielabora ciò che vede nella sua Irlanda fatta a pezzi da malattia e carestia come mostri: creature che si cibano delle persone comuni e in grado di trasformare altri comuni mortali in esseri simili a loro: nasce così il mito del vampiro. Anche se l’invenzione del primo vampiro non è da attestare al maestro dell’horror gotico, il vampiro come lo conosciamo oggi è frutto dell’elaborazione di Stoker. Non più semplice bestia assassina ma carismatico lord, distinto, educato ma feroce e spietato con le sue prede.

Folklore.

Stoker stesso scrisse, in delle lettere, come la madre da piccolo gli raccontasse storie del folklore irlandese, con uomini bestia e creature che si aggiravano nella notte; probabilmente questo aspetto della vita del maestro dell’horror gotico ha influenzato molto la creazione delle storie che oggi sono imitate e reinterpretate così tanto.

“Mostri”.

Bram Stoker non si limitava a prendere delle creature e fonderle assieme per creare qualcosa di pericoloso per i propri protagonisti: le creature hanno tutte un loro significato specifico e da ricercare nel contesto storico in cui è cresciuto l’autore. Si potrebbero scrivere pagine sulle speculazioni riguardanti il simbolismo del vampiro e del lupo mannaro, il quale per esempio è un misto di un animale fiero e predatore (mai aggressivo senza motivo) che  fondendosi con un uomo diventa malvagio, sempre affamato e imprevedibile.


 

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Bosch: artista dell’horror, del fantastico e del satirico

Bosch è stato un artista olandese, singolare per il suo modo di rappresentare il mondo fantastico e il comportamento umano in modo satirico,oltre ad aver dato una chiave di lettura horror alle proprie opere.

BOSCH: vita d’artista

Non si sa molto sulla vita dell’artista, quel che è certo è che Jeroen Anthoniszoon van Aeken, questo il suo vero nome, è nato nella cittadina di ‘s Hertogenbosch (oggi Den Bosch), all’epoca proprietà dei Duchi di Borgogna, intorno al 1453, da una famiglia di artisti.

Il nonno, il padre, gli zii e i fratelli, infatti, erano anch’essi artisti. Il suo nome d’arte è nato proprio dal fatto di contraddistinguersi dai parenti e come omaggio alla cittadina natale.

Hertogenbosch era una cittadina piena di vita e la casa dell’artista era posizionata in un punto strategico, grazie al quale ebbe modo di “affacciarsi” sulla quotidianità della popolazione, su eventi popolari, religiosi e non, e trarne ispirazione per le sue opere suggestive e singolari.

Sposò Aleyt de Meervenne, una giovane borghese benestante, e questo gli permise di dedicarsi interamente all’arte.

Per tutta la sua vita restò profondamente religioso e mantenne la tradizione famigliare di far parte della Confraternita della Nostra Diletta Signora, un’associazione volta al culto della Vergine e all’eliminazione della corruzione della chiesa.

Dopo la sua morte fu ricordato come un illustre artista, in seguito cadde nell’oblio fino all’800, per poi essere riscoperto e rivalutato.

BOSCH: l’artista dell’assurdo

Bosch aveva una personalità e una fantasia fuori dal comune: nei suoi dipinti ha creato figure fino ad allora mai viste, unendo sembianze umane, animali e vegetali. Alcune delle sue opere sembrano raffigurare incubi, allucinazioni, mondi nati del terrore.

Ciò che rende i suoi dipinti così sconcertanti è la cura dei dettagli, fino al più più piccolo particolare (caratteristica comune a monti artisti dell’Europa del Nord).

Attraverso la sua arte, ha espresso l’inquietudine dell’epoca: la crisi dei valori cattolici, che è poi sfociata nella riforma di Martin Lutero, la lotta tra dottrina cattolica e tentazione/vizio, l’etichetta di trasgressore o di moralista.

Sette peccati capitali

Hieronymus Bosch- The Seven Deadly Sins and the Four Last Things.JPG
I Sette peccati capitali è un dipinto a olio su tavola (120×150 cm) attribuito a Hieronymus Bosch o a un suo imitatore, databile al 1500-1525 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid. L’opera è firmata sotto il cartiglio inferiore “Jheronimus Bosch”.

L’opera è citata tra i dipinti inviati da Filippo II di Spagna all’Escorial nel 1574. Era erroneamente ritenuta il piano di un tavolo.

Quattro piccoli medaglioni, rappresentanti la Morte di un peccatore, il Giudizio Universale, l’Inferno e il Paradiso, sono disposti agli angoli della tavola, circondando un cerchio più grosso dove sono raffigurati i vizi capitali e, nella “pupilla”, Cristo che si erge dal proprio sepolcro, entro un fascia di raggi dorati che simboleggiano l’occhio di Dio.

Sotto questa figura, si nota una scritta in latino che significa Attenzione, Dio vede.

I vizi capitali sono rappresentati in questo modo:

  1. L’Ira è rappresentata con una rissa tra due paesani ubriachi, mentre una donna cerca di calmarli.
  2. L’Invidia è raffigurata mediante il proverbio fiammingo che recita “due cani con un osso difficilmente raggiungono un accordo”. L’immagine mostra coppie a più livelli che non si interessano di ciò che hanno ma di ciò che non possono avere.
  3. L’Avarizia mostra un giudice disonesto, che accetta denaro di nascosto dalle due parti in causa.
  4. Nella Gola due contadini mangiano e bevono smodatamente, davanti a un bimbo obeso che da loro trae cattivo esempio.
  5. L’Accidia è simboleggiata da un personaggio che dormicchia in un’abitazione accogliente, davanti a un camino, mentre la Fede, nelle sembianze di una suora, gli appare in sogno per ricordargli i suoi doveri di preghiera.
  6. Nella Lussuria due coppie di amanti banchettano sotto un tendone rosato, rallegrate da buffoni.
  7. Nella Superbia infine si vede una donna di spalle intenta a provarsi un’acconciatura, mentre un diavolo le regge lo specchio.

Fonte I peccati capitali: Wikipedia


 

Edgar Allan Poe: il maestro dell’horror classico.

Ad Allan Poe non si attribuisce l’invenzione di un genere di horror particolare, oppure di una tipologia di personaggi ecc ecc… Allan Poe pose la base di quelle che, con il tempo, si sono evolute in weird tales e in seguito in racconti horror. In particolare, le ambientazioni tetre, le situazioni “clichè” dell’horror moderno e gli avvenimenti assurdi descritti con un taglio inquietante sono  parte delle innovazioni portate da Allan Poe nei suoi racconti.

Le poesie. 

Seppure non prettamente horror le poesie di Allan Poe sono molto importanti per capire il motivo per cui determinati elementi rientrano nei racconti dello scrittore. In generale, quel che traspare è forte paura della morte e del tempo che passa. Sono molte infatti le riflessioni sull’argomento nelle poesie di questo autore, una su tutte, “Life is but a dream within a dream”.

I racconti. 

Allan Poe inserisce nei suoi racconti elementi che, oggi, vengono considerati classici dell’horror: scheletri che si muovono, corvi, cimiteri, fantasmi, l’uso di fobie esistenti come la paura di essere sepolto vivo; tutti questi elementi creano un clima non violento e neppure ansiogeno: semplicemente tetro e “spettrale”. Poe combina questi elementi e la sua propensione per una scrittura esagerata per creare situazioni assurde che creano nel lettore diversi stati d’animo rendendolo stranito e a disagio: questa è la base di tutto l’horror occidentale scritto e rappresentato dopo Poe. I racconti di Allan Poe non sempre nascondono un significato particolare o hanno una chiave di lettura: in questo caso si parla di weird stories, un genere del quale Poe è tra i maggiori esponenti, le weird stories ispireranno altri famosi autori come Lovecraft e Stoker.

Allan Poe: Letture consigliate.

Tra i racconti dell’autore alcune letture consigliate sono: “Senza fiato”, “L’appuntamento” e “Il colloquio di Monos e Una”. 

“Poe ha fatto qualcosa che a nessuno era mai riuscito o sarebbe potuto riuscire. A lui dobbiamo il moderno racconto dell’orrore nella sua ultima e perfetta espressione.” –H.P. Lovecraft.

 


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Arte horror: 3 dipinti da paura

Nelle puntate precedenti di Arte Horror abbiamo parlato di questo genere artistico in modo generico, menzionando alcuni artisti e alcune opere. Questa volta invece parleremo di tre dipinti con un elemento in comune: la paura.

Arte horror: 1 – Incubo (Füssli)John Henry Fuseli - The Nightmare.JPG

Incubo o L’incubo (The Nightmare) è un dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli, conosciuto anche come Henry Fuseli, realizzato nel 1781.

Nonostante l’autore abbia realizzato diverse versioni di questa opera, ci sono in tutte i tre elementi dominanti: la donna addormentata e riversa verso il basso, un mostro rivolto allo spettatore e una testa di giumenta che compare sul retro.

La tela è stata riprodotta in diversi modi e con diverse tecniche; è stata addirittura utilizzata come spunto per realizzare vignette satiriche raffiguranti personaggi dell’epoca, come Napoleone Bonaparte, Luigi XVIII di Francia, il politico britannico Charles James Fox, ecc.

I tre elementi 

  • La testa della cavalla: rappresentazione dell’incubo.
  • La donna: soggetto “sognate” e oggetto dell’incubo.
  • Il mostro: un ibrido che rappresenta l’incubo “fisico”.

La scena è ambientata in una stanza cupa e in penombra, contenente un grosso letto e un tavolo con alcuni oggetti appoggiati sopra.

La donna raffigurata sta dormendo in una posizione innaturale, causata appunto dall’incubo.

L’intero dipinto è un gioco di contrasti: colori scuri e cupi dello sfondo e del mostro in contrasto con i colori chiari e brillanti della donna.

Secondo alcuni studi, l’opera potrebbe essere ispirata alla mitologia germanica e al floklore dell’epoca, intrisi di demoni e streghe, cavalle e vecchie demoniache. Un genere folkloristico e mitologico che, in effetti, è alla base dell’horror: secondo queste leggende popolari, infatti, le donne avevano rapporti sessuali con in demonio che, come le streghe, aveva la capacità di assumere le sembianze animali.

La scelta della cavalla come simbolo dell’incubo non è casuale: la parola inglese nightmare (incubo) è formata dall’unione di night (notte) e mare (cavallina).

Secondo un’altra teoria, invece, mare non si riferirebbe alla cavalla ma deriverebbe da mara, un termine proveniente dalla mitologia scandinava che indica uno spirito mandato a tormentare i dormienti.

Oltre all’incubo percepito mentalmente (la cavalla), viene raffigurato l’incubo percepito a livello fisico: terrore, paralisi, panico e senso di pesantezza. Questo viene rappresentato dal mostro ibrido raffigurato sul torace della donna: il suo aspetto fa sì che venga associato ai goblin e ai gargoyle delle cattedrali gotiche.

L’artista era straordinariamente colto in materia d’arte e questo gli ha permesso di fondere le sue conoscenze in rappresentazioni uniche e suggestive.

 

Arte horror: 2 – Guernica (Picasso)

Mural del Gernika.jpg

Guernica è un quadro di Pablo Picasso.

Picasso compose l’opera in due mesi, in seguito al bombardamento di Guernica. Lo espose all’esposizione universale di Parigi ed ebbe un grande successo; fu molto utile per far conoscere al mondo ciò che stava succedendo in Spagna in quel periodo. Nel 1937, infatti, la cittadina fu rasa al suolo da un attacco terroristico tedesco.

L’opera va letta da destra verso sinistra ed è una sorta di messaggio di protesta contro la violenza. Anche in questo caso il contrasto tra la madre con il neonato e la brutalità è netto. Il contrasto del colore in questo caso, invece, è dato dal bianco e nero.

Inoltre il trio cavallo (asino), toro (bue) e madre (Maria), ricorda molto la composizione della natività.

Nell’opera sono rappresentati anche altri fattori come la tecnologia e l’evoluzione bellica.

La paura è rappresentata nel grido della madre contro la violenza.

Arte horror: 3 – Saturno che divora i suoi figli

Francisco de Goya, Saturno devorando a su hijo (1819-1823).jpgSaturno che divora i suoi figli è un dipinto a olio su intonaco trasportato su tela (146×83 cm) del pittore spagnolo Francisco Goya, realizzato nel 1821-1823.

Il soggetto dell’opera è mitologico e rappresenta la divinità greca identificata come Crono, il più giovane dei Titani, figlio di Urano (il Cielo) e di Gea (la Madre Terra).
Secondo la cosmogonia greca, Crono, divorò i suoi figli in seguito ad una profezia secondo la quale uno di loro lo avrebbe sostituito al potere.
La moglie riuscì a salvare soltanto Zeus, che fu cresciuto sull’isola di Creta, e una volta adulto tornò a rivalersi sul padre, facendogli restituire i figli.
L’opera fa parte delle cosiddette Pitture Nere, un ciclo di quattordici dipinti realizzati da Goya ad olio sulle pareti della propria casa: non erano pensati come opere da esposizione e non erano rivolte al pubblico.
Tuttavia, Goya si trasferì in Francia e la casa passò al nipote Mariano che li fece trasferire su tela e li donò allo stato spagnolo.

Il tema di Saturno che divora i figli era già stato affrontato in un’opera di Rubens, intitolata appunto Saturno. A differenza della precedente rappresentazione, però, in questo caso il Dio viene rappresentato come uomo diventato folle a causa della paura di perdere il suo ruolo, tanto da eliminare i propri figli.


Per tutti gli altri articoli: MUSEO AS.TRATTO

Arte horror dal ‘900 in poi

La scorsa settimana abbiamo parlato di Arte Horror dal 500 al 900, ora proseguiamo con le opere più famose del ‘900.

Arte horror dal 1900: Munch e Dalì

Munch è stato uno degli artisti che hanno rappresentato in modo sconcertante e sorprendente un elemento fondamentale dell’horror: la paura.

Il dipinto più celebre e più espressivo dell’artista è sicuramente L’urlo. Questo dipinto è nato spontaneamente da una percezione dell’artista stesso:

«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura».

Questo quadro rappresenta a tutti gli effetti l’angoscia e la paura del genere umano in un solo uomo: esile, “piccolo” e tremendamente impaurito.

La morte di Marat – Edvard Munch

Ma L’Urlo non è il solo  dipinto celebre e significativo di Munch: nel 1907,  creò un’ interpretazione delirante del celebre delitto, ambientandolo in una camera da letto. L’opera è estremamente realistica e vivida, creata dall’artista con un senso di rancore nei confronti dell’amante che lo ha abbandonato in seguito al peggioramento dei suo disturbi psicologici.

Salvador Dalì. Maestro di strnezze

Dalì, maestro di stranezze, ha rappresentato in una delle sue opere più celebri ben tre elementi dell’arte horror: paura, morte e desolazione. Si tratta della celebre opera Il volto della guerra, in cui un grande teschio su una terra desolata, è l’emblema degli effetti della guerra. Realizzato proprio durante la Seconda Guerra Mondiale, Il volto della morte, vuole rappresentare il peggio dell’essere umano: quello che genera paura e quello che ne è vittima.

Dal 1950

Dopo il 1950 ci sono stati molti più artisti ad aver realizzato opere d’arte horror, soprattutto negli ultimi decenni (ma di questi parleremo nel prossimo articolo).

Francis Bacon, horror sfacciato.

Già dalla loro prima apparizione nel 1950, i ritratti grotteschi di Papa Innocenzo X dipinti da Francis Bacon, hanno suscitato pareri contrastanti. Horror senza dubbio, anche grazie ad un uso innovativo del colore, ma altrettanto provocatori, visto il soggetto raffigurato.

Bacon ha creato più di 45 varianti del “Ritratto di Innocenzo X” di Diego Velázquez (1650), distorcendo il Papa in tutti i modi possibili.

Zdzisław Beksiński e il macabro.

Zdzisław Beksiński è noto come uno dei maggiori artisti polacchi della seconda metà del ‘900. Ha iniziato la sua vita artistica come fotografo, per poi dedicarsi alla pittura. Nel 1971, però, ha subito un grave incidente stradale che lo ha portato a settimane di coma e a una lunga convalescenza.

Una volta uscito da questo periodo, la sua arte ha subito un radicale cambiamento, trasformandosi in arte gotico-surreale, macabra ed estremamente espressiva.

Da quel momento ha iniziato a dipingere figure mostruose, esseri putridi e corrotti, nature morte e architettura macabra.

Con il passare degli anni, la vita dell’artista è diventata sempre più complicata: ha perso la moglie, poi il figlio e infine è stato ucciso dal figlio del suo maggiordomo a cui aveva rifiutato un prestito.

Belsinski è rimasto comunque uno dei più famosi pittori della sua epoca in tutto il mondo, soprattutto in America e in Giappone, dove le sue opere sono state esposte all’Osaka Art Museum.

 

 


Per gli altri articoli sull’arte: MUSEO ASTRATTO

I maestri dell’horror

Ottobre è il mese dell’horror, dello stupore e della paura. Per questo motivo, sul blog, pubblicheremo una serie di articoli dedicati ai maestri dell’horror nella letteratura mondiale.

Il terrore può nascere nelle menti dei lettori in diversi modi, ed ognuno dei maestri che approfondiremo nelle prossime settimane ha contribuito alla creazione di una particolare tipologia di horror.

I maestri dell’horror: gotico.

Dracula: non occorrono altre parole per descrivere il mistero, il carisma e il terrore che Bram Stoker ha instillato nei suoi personaggi e nelle sue storie; tra tutte la più famosa, appunto, Dracula.

L’horror gotico è ormai parte della cultura moderna, i vampiri hanno subito centinaia di mutazioni nel tempo, così come i lupi mannari. Ma il concetto fondamentale è sempre lo stesso: mescolare una belva feroce o inquietante con la malvagità e l’ingegno tipici dell’essere umano.

I maestri dell’horror: “classico”.

Quante volte, leggendo un libro o guardando un film horror, vi è capitato di avere un’immagine impressa nella retina o nella mente: la luna piena illumina, un cimitero, corvi volano verso l’orizzonte staccandosi da un ramo di un albero morente; albero sul quale riposa, in eterno, quello che era il protagonista del racconto, impiccato? Se queste immagini vi hanno suscitato dei ricordi, molto probabilmente vi siete imbattuti nell’horror che prende ispirazione dal maestro Edgar Allan Poe: poeta e scrittore.

I maestri dell’horror: cosmico.

Ed eccoci finalmente all’inventore della fantascienza, dell’horror cosmico: Howard Philips Lovecraft. L’horror cosmico non usa sangue, fantasmi o assassini ma usa la paura che è instillata da sempre nel genere umano: la paura dell’ignoto.

Le storie di Lovecraft spingono la mente dei protagonisti, e del lettore, in luoghi nei quali non sarebbe mai dovuta stare e sfruttano ciò che non si può conoscere, ciò che non si può descrivere per far sentire indifeso il lettore.

I maestri dell’horror: simbolico.

L’horror migliore è quello che usa le forti immagini caratteristiche del genere per inviare un messaggio, una critica o raccontare una storia molto più complessa di quella che appare in superficie.

E’ molto più semplice da spiegare con un esempio.
Un uomo decide di intraprendere un viaggio verso luoghi sconosciuti del globo, pur sapendo che Dio glielo vieta, nell’aldilà la sua punizione è quella di bruciare in eterno: come la sua insaziabile curiosità.

Il maestro dell’horror simbolico, oltre che della letteratura in generale, Dante ha creato il genere nell’Inferno della Divina Commedia; in seguito altri autori hanno preso spunto dalle allegorie del sommo poeta per creare opere del terrore più profonde e complesse. 

Nelle prossime settimane analizzeremo ognuno di questi autori, sottolineando la loro influenza nel genere horror e nella letteratura in generale. Non mancate!


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Arte Horror. Museo AStratto

Arte horror: esiste davvero? Come promesso, ottobre manterrà un unico tema per tutti i suoi 31 giorni e, ovviamente Museo AStratto si adatterà di conseguenza. Il tema è horror, creepy, misterioso e magico. Iniziamo quindi questo mese con un articolo introduttivo su questo genere d’arte.

Arte horror, prima che l’horror esistesse.

Il genere horror è ormai un genere più che diffuso in ogni ambito artistico: arte, letteratura, cinema, ecc. Tuttavia, ha avuto la sua massima crescita solamente negli ultimi decenni. Ciò non significa che prima non esistesse: in letteratura, per esempio, ci sono stati autori che hanno gettato le basi per l’intero genere, come Lovecraft e Poe.

Nell’arte, parallelamente, esistono diverse opere che hanno segnato la storia di questo genere letterario, anche più antiche di quanto si possa immaginare.

 

Dal 1400

Fatta eccezione per l’arte rupestre e le rappresentazioni antiche, si possono trovare esempi di “arte horror” già nel XV secolo.

In questo periodo, l’horror si sviluppa di pari passo con la rappresentazione di scene bibliche e religiose in generale, raffiguranti l’inferno.
Per esempio l’Inferno, un affresco del 1410 di Giovanni da Modena che si trova nella Basilica di San Petronio a Bologna.

Si trova nella cappella Bolognini ed è una delle opere più complesse dell’arte tardogotica che siano sopravvissute fino ad oggi.

 


 

Sempre nel ‘400 è stato realizzato il Trionfo della Morte, un affresco che si trova nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo.

L’artista non è noto e l’anno di realizzazione viene posto ipoteticamente al 1446 benché non sia una data certa. Il tema raffigurato e

ra già stato sviluppato nei decenni precedenti ma viene per la prima volta espresso in modo estremamente dettagliato e quasi maniacale in questo affresco.

 

Successivamente troviamo esempi di arte horror nelle opere di Bosch, come per esempio Il Giardino delle delizie, risalente al 1480-1490 circa, che si trova al Museo del Prado di Madrid.

Nelle tre tele che compongono l’opera, vengono raffigurati diversi “temi portanti”

 

 


Un altro Trionfo della morte. Questo è uno dei capolavori di Pieter Bruegel il Vecchio, capostipite di una famiglia di celebri e importanti pittori fiamminghi. Conservato al Prado è ispirato all’omonimo affresco che Bruegel aveva visto a Palermo a cui però si aggiunge il tema della

danza macabra, nato in nord Europa per esorcizzare la paura delle epidemie. Nella sua opera, datata 1562, è raffigurata una città devastata dall’arrivo dell’armata della morte, composta da scheletri con falce che mietono vittime tra la popolazione di tutti gli strati sociali, in maniera fantasiosamente macabra.

 


Più conosciuta e decisamente significativa è l’opera di Caravaggio, Caravaggio Giuditta e Oloferne, realizzata nel 1599 e ad oggi custodita nella Galleria nazionale di arte antica di Roma.

Il dipinto fu commissionato dal banchiere Ottavio Costa; n questo quadro Caravaggio rappresenta l’episodio biblico della decapitazione del condottiero assiro Oloferne da parte della vedova ebrea Giuditta, che voleva salvare il proprio popolo dalla dominazione straniera.

 


 

Facendo un salto temporale di 500 anni, si arriva al ‘900 con una rappresentazione di Dalì, Il volto della guerra, realizzata appunto durante il periodo di guerra che ha devastato l’Europa. Questo dipinto, che si può senza dubbio inserire tra i maggiori esempio di arte horror, rappresenta la paura e l’angoscia derivanti dalla condizione di guerra in cui la popolazione europea (a l’autore, fuggito in America) era costretta a vivere.

Arte horror: paura e angoscia

Paura e angoscia sono le emozioni su cui l’horror si basa, sicché che si tratti di paura dovuta alla guerra o a chissà quale altro fattore, il risultato non cambia: si ottengono opere di questo impatto.

Non è finita qui: più ci si avvicina all’arte contemporanea, più l’horror prende piede e si sviluppa. Per esempio, si possono ricordare le opere di Francis Bacon, pittore irlandese che ha rappresentato l’angoscia dell’esistenza con opere come lo Studio del ritratto di Innocenzo X. Si tratta del rifacimento dell’opera risalente a tre secoli prima, in cui il papa appare urlante e macabro.

Ciò, però, non toglie importanza alle opere precedenti, anzi grazie a queste è stata possibile l’evoluzione dell’arte horror.

 

Abbiamo sempre vissuto nel castello

Abbiamo sempre vissuto nel castello Book Cover Abbiamo sempre vissuto nel castello
Shirley Jackson
Fiction
2009
182

«A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce»: con questa dedica si apre L’incendiaria di Stephen King. È infatti con toni sommessi e deliziosamente sardonici che la diciottenne Mary Katherine ci racconta della grande casa avita dove vive reclusa, in uno stato di idilliaca felicità, con la bellissima sorella Constance e uno zio invalido. Non ci sarebbe nulla di strano nella loro passione per i minuti riti quotidiani, la buona cucina e il giardinaggio, se non fosse che tutti gli altri membri della famiglia Blackwood sono morti avvelenati sei anni prima, seduti a tavola, proprio lì in sala da pranzo. E quando in tanta armonia irrompe l’Estraneo (nella persona del cugino Charles), si snoda sotto i nostri occhi, con piccoli tocchi stregoneschi, una storia sottilmente perturbante che ha le ingannevoli caratteristiche formali di una commedia. Ma il malessere che ci invade via via, disorientandoci, ricorda molto da vicino i «brividi silenziosi e cumulativi» che – per usare le parole di un’ammiratrice, Dorothy Parker – abbiamo provato leggendo La lotteria. Perché anche in queste pagine Shirley Jackson si dimostra somma maestra del Male – un Male tanto più allarmante in quanto non circoscritto ai ‘cattivi’, ma come sotteso alla vita stessa, e riscattato solo da piccoli miracoli di follia.

“Abbiamo sempre vissuto nel castello” è un romanzo della scrittrice statunitense Shirley Jackson, pubblicato per la prima volta nel 1962. Questo libro è diventato uno dei lavori più famosi dell’autrice e un classico della letteratura gotica.

Il romanzo si sviluppa attorno alla storia delle sorelle Blackwood,  Mary Catherine (Merricat) e Constance, che vivono insieme in isolamento nel loro antico castello. Dopo lo sterminio di quasi tutta la loro famiglia, le due sorelle si sono isolate completamente e sono vittime di pettegolezzi e sospetti da parte della comunità locale.

La voce narrante è quella di Merricat, una giovane donna eccentrica e dalla mente enigmatica. Merricat si occupa della protezione e del mantenimento del loro castello, costruendo barriere mentali e fisiche per tenere lontani gli intrusi. Benché sia capisca che non sia più una bambina, spesso il rapporto con la sorella e lo stesso comportamento di Merricat, porta il lettore a pensare che invece si tratti di una ragazzina. La relazione con la sorella Constance infatti è complessa e ambigua, nasconde segreti e misteri, una sinistra intesa e complicità nel mantenere un equilibrio folle e una normalità apparente.

“Abbiamo sempre vissuto nel castello” affronta temi come la paranoia, l’alienazione e la colpa, offrendo una riflessione profonda sulla natura umana e sulla società. La scrittura della Jackson è coinvolgente e magnetica, creando una tensione crescente che avvolge il lettore e lo spinge ad andare avanti nella trama, nonostante di fatto non dica NULLA fino alla fine.

Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è la capacità della Jackson nel creare un’atmosfera palpabile, inquietante e tremendamente realistica nella sua assurdità. L’uso sapiente dell’ambientazione, del linguaggio e dei dettagli visivi trasmette un senso di claustrofobia e di minaccia imminente.

Inoltre, “Abbiamo sempre vissuto nel castello” è un gotico esemplare, che presenta una storia che è al contempo misteriosa e sottile, senza ricorrere a elementi sovrannaturali o all’orrore esplicito. È l’aspetto psicologico dei personaggi e la complessità delle loro relazioni a suscitare emozioni e riflessioni nel lettore.

Shirley Jackson ha dimostrato di essere una maestra nel dipingere ritratti psicologici e nell’esplorare la parte oscura dell’animo umano. “Abbiamo sempre vissuto nel castello” è un’opera che rimane nella mente del lettore, continuando a suscitare interrogativi e discussioni anche dopo la sua conclusione. È un capolavoro senza tempo, che invita a riflettere sulle complicazioni psicologiche di ogni gesto.

 


Altri spunti di lettura

@alice.sogno

La strada senza ritorno

La strada senza ritorno Book Cover La strada senza ritorno
Andrzej Sapkowski
Fantasy, raccolta di racconti
Nord
2017-10
420

Un cavaliere costretto a combattere per una congrega di maghi potenti e senza scrupoli; un manipolo di soldati finiti per sbaglio nell’inquietante città delle streghe; una giovane pronta a stringere un patto con un demone, pur di vendicarsi di chi le ha mancato di rispetto; un re trincerato nella torre più alta del suo castello, in attesa che avvenga un miracolo… I personaggi che animano gli otto racconti raccolti in questo libro si trovano loro malgrado ad affrontare sfide pericolose e scelte impossibili, battaglie sanguinose e tradimenti inaspettati. Armati solo del proprio coraggio, dovranno attingere a ogni risorsa immaginabile per sopravvivere in un mondo in cui nulla è come sembra, in cui il mostro più feroce si nasconde dietro la maschera dell’uomo comune e persino il più innocente dei sorrisi può celare una minaccia letale

La strada senza ritorno (Maladie i inne opowiadania) è una raccolta di racconti scritta dallo scrittore polacco Andrzej Sapkowski.

Su esplicita richiesta dell’autore, nell’edizione italiana sono stati esclusi i racconti Coś się kończy, coś się zaczyna (Qualcosa finisce, qualcosa comincia) e Bitewny pył (La polvere della battaglia).

Ma facciamo un passo indietro: la saga che ha reso celebre l’autore nel mondo è chiaramente The Witcher, anche grazie agli adattamenti che hanno visto lo strigo protagonista di videogiochi e serie TV. Ciò non toglie che Sapkowski avesse già raggiunto una notorietà non indifferente grazie ai suoi racconti, pubblicati su riviste e antologie.

In Italia, infatti, l’uscita della saga dello strigo si è fatta attendere diversi anni rispetto alla prima pubblicazione, ma Editrice Nord ha “recuperato in fretta”, pubblicando i 5 romanzi e le 2 raccolte di racconti in poco tempo.

Successivamente però, al posto di puntare sulle saghe più recenti, la casa editrice italiana ha scelto di pubblicare una racconta contenente racconti decisamente più datati rispetto allo Strigo.

In questa raccolta troviamo quindi otto racconti diversi in tutto: personaggi, ambientazione, ma soprattutto genere.

C’è del fantasy classico (racconto che si ricollega alla saga dello strigo tramite la storia della madre), c’è della fantascienza e dell’horror cosmico in stile Lovecraft.

Questo può essere destabilizzante: per i lettori che hanno conosciuto l’autore esclusivamente per The Witcher – e, magari, scoprendo prima il franchise e poi la saga – sarà probabilmente difficile apprezzare questa raccolta.

Ma attenzione, va fatta una precisazione: la saga dello strigo non è stata scritta in un giorno, ha accompagnato l’autore per anni. Anni in cui, ovviamente, l’autore stesso si è evoluto nelle capacità e nello stile che lo rende unico.

Questa raccolta va letta proprio in questo modo, nell’ottica di ammirare l’evoluzione dell’autore e di apprezzarne le abilità nello scrivere generi diversi e non esclusivamente fantasy classico.

Perciò, a mio avviso, il “flop” che sembra aver colpito La strada senza ritorno soprattutto sul web e sui social è dovuto a come è stata presentata la raccolta, ossia una serie di racconti inerenti o affini alla saga dello Strigo. Manovra utile alla vendita, ma non alla soddisfazione dei fan del Witcher, che si sono trovati a pensare “ah, ma quindi Geralt non viene nemmeno nominato?”.

Detto ciò, se ci si approccia alla lettura dei racconti in modo consapevole, o quantomeno con un po’ di spirito d’avventura, non si rimarrà certamente delusi.

Sapkowski dimostra in questa raccolta sue capacità sotto molti punti di vista, a partire dal cambiamento repentino di genere, fino al fatto di saper creare un intero mondo, atmosfera e ambientazione, personaggi e trame in un racconto, che è ben diverso da un romanzo perché obbliga l’autore a concentrare tutto in poche pagine e a dover comunque avere lo stesso effetto di trasporto e coinvolgimento del lettore.


Dopo questa lunga premessa, ecco i racconti:

  1. La strada da cui non c’è ritorno, prequel della saga del celebre Strigo, che vede come protagonista Visenna, la madre di Geralt;
  2. I musicanti, retelling psichedelico de I musicanti di Brema dei fratelli Grimm;
  3. Tandaradei! racconto horror psicologico che come elemento horror ha la trasformazione di una donna in chiave sessuale; la storia è scritta attorno ad una poesia, cosa che rende tutto ancora più delicato e allo stesso tempo più horror. Qui, ancora una volta, Sapkowski dimostra la sua incredibile capacità di scrivere personaggi. Non solo personaggi maschili, scrivere di donne in modo credibile e verosimile;
  4. Nel cratere della bomba: una guerra futuristica che mescola elementi attuali r fantascienza;
  5. Pomeriggio doratoretelling di Alice nel paese delle meraviglie, narrato dal punto di vista dello Stregatto;
  6. I fatti di Mischief Creek: streghe nel vecchio west, scontri tra puritani e donne “strane”;
  7. Spanienkreuzscience fiction ambientato in Spagna, scritto per una convention letteraria spagnola a tema noir.
  8. Maladieretelling del grande classico di Tristano e Isotta.

Una nota di merito, ulteriore, va fatta all’autore per le premesse scritte ad ogni racconto: Sapkowski si è “tolto tanti sassolini dalle scarpe”, restituendo un po’ di ciò che si è sentito dire nel corso della carriera. Ora può, e fa bene.

Per concludere, a differenza di ciò che ho letto qua e là, mi sento di consigliare questa raccolta ad un pubblico molto vasto e variegato, benché Sapkowski non sarà mai apprezzato universalmente – o lo si ama o lo si odia. Ma ogni racconto è a sé stante e può aggiungere un nuovo lettore alla schiera di fan di Sapkowski. Anzi, forse sarebbe consigliabile leggere prima i racconti e poi le saghe.

Gotico Femminile – 16 racconti di autrici dell’orrore

Gotico femminile Book Cover Gotico femminile
Various
Horror, Gotico
Mimesis

Le donne non sono più cattive, né meno cattive degli uomini, semplicemente lo sono in modo diverso. Quando a sollevare la paura al livello di orrore è l’immaginazione femminile, l’orrore è essenzialmente orrore quotidiano: non l’invenzione di quel che è orribile, perché strano, ma la scoperta di quanto vi sia di orribile in quel che è quotidiano. Dagli orrori tragicamente possibili, quali la violenza del potere – non solo e, forse, non soprattutto fisica – alle realtà capovolte, riflesse, rovesciate come un guanto, un filo rosso fatto di “brividi sottili, arcani, inquietanti” tiene uniti questi racconti. Un orrore autentico, sottile e molteplice, ma anche pragmatico, ragionevole e concreto. Il lettore verrà condotto nei sotterranei più affascinanti e misteriosi che ci siano: quelli della natura umana e femminile. Poiché se non vi è orrore dove non vi è immaginazione, non vi è orrore fuori di noi che non rifletta quello che è in noi.

Gotico femminile è una raccolta di racconti edita da Jouvence Edizioni. Racchiude sedici racconti horror-gotici di autrici vissute nei due secoli passati.

Attraverso questi sedici racconti si esplorano vari aspetti dell’orrore: dalla superstizione popolare al dolore fisico, dal terrore dell’ignoto all’angoscia della sofferenza e della perdita.

Ogni racconto è scritto con uno stile ed un ritmo diverso, ma tutti con estrema eleganza: un esempio su tutti è Mary Shelley, qui citata con un estratto di Frankenstein, maestra di stile ed eleganza ma al contempo di orrore e suggestione.

Nello specifico, la raccolta è così suddivisa:

    1. ORRORE ANTICO:
      – Margherita di Navarra – Novella XXXI e XXXII
      – Aphra Behn  – I Rossi, I Neri e i Bianchi
      – Madame d’Aulony – Il ramoscello d’oro
    2. GOTICO E IL NERO
      – MAdame de Stael – Paesaggio, Leonora
      – Ann Redcliffe – Elena e Schedoni, Il velo nero
      – Jane Austen – il piacere della paura
      – Mary Shelley – Nascita di Frankenstein
      – George Sand – L’iniziazione
      – Charlotte Bronte – La camera rossa
      – Emily Bronte – Una voce
      – Matilde Serao – Gioco e delirio, La fattucchiera
      – Vernon Lee – La voce malefica
      – Carolina Invernizio – La morta vive
      – Grazia Deledda – Un grido nella notte
    3. ALTRI ORRORI
      – Wanda von Sacher-Masoch – Temporale, Apparizione
      – Annie Vivanti – Sulle coste di Malabar, La curva dell’arcobaleno

Alcuni racconti sono crudi (Aphra Behn), altri sono inquietanti (Jane Austen), altri sono macabri (Mary Shelley):  in questa raccolta si esplorano tutte le possibili paure umane, sfociando appunto nell’orrore. Non solo: mettendo in risalto le paure, si mettono ugualmente in risalto le conseguenze alle paure: i lati più oscuri e deplorevoli dell’animo umano, la meschinità, l’ignoranza, la cattiveria e l’invidia.

Trattandosi di racconti estratti da romanzi o antologie famosi, è possibile che gli appassionati del genere li abbiano già letti. Tuttavia è interessante leggerli tutti insieme per avere una visione complessiva sia delle autrici che dell’interpretazione della paura che gli autori della raccolta hanno voluto dare.

Infine, contiene note biografiche su ogni autrice, prima di ogni racconto.

Le fantasime e i  negromanti piacciono al volgar popolo come alle colte persone; un avanzo è questo della nordica mitologia; è una disposizione che naturalmente ispirano le lunghe notti de’ climi settentrionali; e per altro canto, benché il cristianesimo combatta tutti i mal fondati timori, non però meno le popolari superstizioni hanno sempre una certa affinità colla religion dominante.

 

Personalmente  ho trovato questa raccolta Gotico femminile molto interessante, ben strutturata e ben curata, nonostante avessi già letto alcuni dei racconti. Mi hanno particolarmente colpito quelli di Aphra Behn perché, riferendosi alle barbarie realmente perpetrate dai bianchi dei confronti degli indigeni americani, hanno reso quel tipo di orrore ancora più percepibile e impressionante.


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@alice.sogno